Co-progettare e abitare una strada è possibile. Succede a Milano, dove da quasi un anno la cosiddetta Delibera Beni Comuni permette ai cittadini di attivarsi in prima persona nella cura della città. Un approccio innovativo che, tramite lo strumento dei Patti di collaborazione, permette di innescare e sviluppare processi complessi di cura e rigenerazione condivisa dei beni comuni, in attesa di discutere il testo finale della versione milanese del Regolamento per i beni comuni.
UN PAESAGGIO FATTO DI CURA
Il primo patto complesso milanese nasce in Via Abbiati dal dialogo costante tra cittadini, associazioni attive sul territorio, Municipio 7 e amministrazione comunale.
Una strada a senso unico multietnica diventa spazio pubblico, lasciandosi alle spalle l’accezione di mero luogo di passaggio. Posta all’interno di un comprensorio di case popolari ALER, esposte all’inevitabile usura del tempo, via Abbiati diventa spazio culturale abitato. Gli interlocutori al tavolo sono numerosi e molti si sono aggregati strada facendo, sintomo che il lavoro svolto in via Abbiati interessa anche persone e realtà esterne. Il lavoro sul campo che ha portato alla firma e al coinvolgimento dei cittadini ha visto protagonisti attori diversi come: Mapping San Siro, gruppo multidisciplinare di ricerca-azione; Alfabeti, scuola popolare di italiano per stranieri: la cooperativa sociale Genera; Imby, associazione culturale attiva attorno ai cambiamenti socioculturali e Temporiuso, associazione culturale focalizzata sulla rigenerazione urbana e territoriale. Eugenio Petz, funzionario dell’Ufficio alla Partecipazione Attiva del Comune di Milano, racconta come sia fondamentale in questi contesti “attivare dinamiche di comunità che convergono le responsabilità di tutti verso il luogo pubblico, gli spazi comuni abitati e spesso degradati, per favore i comportamenti di rispetto reciproco e dell’ambiente circostante. I luoghi non devono essere più percepiti come meri contenitori delle proprie esistenze, ma come ingredienti fondamentali di esse“.
Progettare Via Abbiati significa considerare il prezioso lavoro di ascolto, esplorazione e avvicinamento portato avanti da anni da Rete Sansheroes e altre associazioni del quartiere. Attraverso incontri pubblici come Caffè San Siro, la distribuzione di cartoline divulgative nei differenti cortili di via Abbiati, interviste a cittadini con appartamenti in affaccio sulla via si intercettano gli abitanti e gli attori del territorio. Nel 2014, il Politecnico di Milano con Mapping San Siro ha riaperto uno degli spazi al piano terra dei “casoni” ALER di Via Abbiati per realizzare un laboratorio di quartiere fisso, chiamato 30METRIQUADRI, affiancando gli spazi esistenti dei Custodi Sociali e di Alfabeti. Secondo Paolo Grassi di Mapping San Siro “Il patto unisce in maniera sinergica soggetti istituzionali e non, in funzione di un obiettivo comune, facilitando i passaggi burocratici necessari. Con questo strumento si coordinano e formalizzano le attività in essere e se ne pianificano di nuove, attorno a un processo di rigenerazione urbana.”
PARTECIPARE PASSANDO PER L’INTEGRAZIONE
Dimostrare che una via è spazio pubblico da vivere e non il retro dove abbandonare rifiuti, significa coinvolgere direttamente le nuove generazioni, intercettando automaticamente anche i più adulti. E’ quello che ha fatto Temporiuso, chiamato a collaborare in un progetto di nuova bellezza, per creare fiducia nello spazio pubblico. Tramite un ciclo di incontri itineranti, ha mostrato alla cittadinanza buone pratiche di animazione dello spazio. La Presidente Isabella Inti ci racconta l’alfabeto progettuale di Green Living Lab, un’attività di co-design in cui si è “giocato in più occasioni, tra cui la festa della scuola elementare Luigi Cadorna. Le carte, scritte in diverse lingue, chiedevano che pianta, che panchina, che marciapiede colorato sei? Intrecciandosi anche con disegno su fogli delle ipotesi di pavimentazione pedonale”.
Emblematico è il laboratorio svolto il 20 aprile 2018, in cui si chiedeva ai cittadini di votare i diversi interventi che avrebbero riqualificato la via. Isole verdi in cui le sedute si alternano alle vasche degli orti sospesi. Decorazioni pedonali che si ispirano ai disegni dei residenti stessi. Oltre 100 persone hanno espresso il loro voto. Ciò che è inserito nel Patto oggi, è frutto di una contaminazione tra tutti i risultati delle votazioni. La stessa scritta ABBI CURA “nasce come variazione sul tema di protezione del marciapiede della sosta selvaggia. Serviva difendere diversi spazi lungo la via: abbiamo pensato alle rastrelliere per biciclette, ai paletti classici e poi si è aggiunta la scritta. Due parole, alte 1.50 metri, collocate in prossimità delle fioriere, che insieme ad esse costituiscono delle micro piazze da abitare“, aggiunge Carlo Gallelli di Temporiuso.
TRASFORMARE IL CONFLITTO IN COMPLESSITÀ
Tra gli ingredienti fondamentali di operazioni come questa, vi è la ricerca di equilibro tra le parti: cittadini, amministrazione ad associazioni. Un equilibro che deve lasciare spazio alla collaborazione e sostegno delle attività e gesti reciproci, senza i quali non scatterebbe nessun meccanismo di cura. Co-progettare e partecipare attivamente non significa che tutto funzioni, che collaborazione e integrazione siano all’ordine del giorno. La cura passa anche da dinamiche difficili come sacrificare posti auto, scelta che crea molte criticità a Milano, per fare spazio alla scritta ABBI CURA, un consiglio e un invito culturale aperto a tutti.
FONTE Labsus
http://www.labsus.org/2019/01/abbi-cura-a-milano-una-strada-unisce-i-cittadini/