Il calcio d’avvio è stato dato con una partita amichevole pomeridiana che si è svolta il 18 marzo nel campo di calcio della caserma Montello (peraltro tenuto in pessime condizioni). Per noi di Alfabeti è stato il debutto della nostra neonata squadra di calcio, l’Unione Alfa (nome scelto dagli stessi nostri ragazzi): dalla scuola son venuti circa in una ventina e han giocato tutti a rotazione, anche se, purtroppo per noi, è finita con un poco brillante 3 a 0 portato a casa dagli avversari, i Somali Stars del Centro di accoglienza di via Mambretti a Quarto Oggiaro.
L’iniziativa ha avuto un notevole riscontro mediatico, con servizi al Tg3 Lombardia seguiti da articoli su “La Gazzetta dello Sport” e le cronache cittadine di importanti quotidiani. Dietro a tutto questo c’è un ragazzo milanese di soli 22 anni, Gian Marco Duina, che ha ideato il torneo di calcio “Hope Ball-Diamo forma alla speranza”, torneo che è partito subito dopo l’incontro alla Montello e che vede scontrarsi in un vero e proprio campionato sei squadre formate da ragazzi (e due ragazze!) di giovani immigrati provenienti da differenti realtà sociali dell’integrazione.
“Fin dall’adolescenza” racconta Gian Marco “lo sport mi ha condizionato, in particolare lo sci di fondo che ho praticato a livello agonistico con ottimi risultati. Purtroppo tre anni fa, a 19 anni, per importanti problemi di salute ho dovuto mettere fine alla mia carriera agonistica e, avendo vissuto con lo sport e per lo sport, ho passato un momento personale davvero tragico. Così, per reagire, ho deciso di trasferirmi in Inghilterra: volevo ripartire da zero e ho lavorato nel campo della promozione pubblicitaria, però anche là sentivo in maniera impellente la mancanza della pratica sportiva. Da lì ho pensato che, se non potevo praticare io, potevo però dar vita a un progetto educativo per gli altri, e quindi usare lo sport come strumento di valore, di speranza e di emancipazione sociale. Come potevo fare? Ho pensato di legarlo alla mia vecchia passione per il calcio, anche se ero e sono in totale disaccordo, anzi in conflitto, con la visione odierna del mondo del calcio che ha abbandonato lo spirito sportivo per mutarsi in marketing e gestione aziendale: io invece pensavo di tornare alle origine sportive del calcio”.
E così Gian Marco, riflettendo, stende sulla carta il progetto “Hope Ball” che si basa sul principio di dare speranza, col gioco del calcio, a coloro che più ne hanno bisogno, per ricordare i valori dello sport autentico che esistono e pulsano ancora, per abbattere le barriere dei pregiudizi e dei confini con la semplicità di un pallone che insegna ai ragazzi la tolleranza, il rispetto reciproco, la collaborazione nel gioco di squadra e la socialità. “Ho inviato il mio progetto” riprende Gian Marco “a moltissime associazioni, finché una onlus di Pavia, la Whanau che agisce in Zambia, mi disse che era interessata. Così sono partito per l’Africa e in un villaggio dello Zambia ho creato la prima squadra di calcio, la Zesco Stars, fatta da ragazzi in difficoltà, ragazzi che non avevano la possibilità di accedere all’istruzione e per cui lo sport era un’alternativa alla vita di strada, un riscatto alle sofferenze subite. A loro ho insegnato il calcio e le sue regole. Poi, dopo tre mesi di permanenza, sono passato in Kenya, dove ho trascorso altri quattro mesi fondando la “Crediamoci United”. Mi sono appassionato sempre più e ho deciso di rientrare in Italia per dare vita alla “No Borders League”, un torneo riservato a giovani immigrati. Avevo visto un bando a un concorso indetto dalla Juventus con l’Unesco riservato a giovani sul tema “Un calcio al razzismo”. Ho partecipato, però hanno vinto due ragazzi torinesi”.
È a questo punto che lui decide di dar vita ugualmente al suo progetto italiano, coinvolgendo una manciata di ragazzi milanesi, suoi amici storici che han deciso di affiancarlo, e rivolgendosi al Comune di Milano. “Parlo con l’assessore alle Politiche sociali Majorino” spiega Gian Marco “e chiedo spazi, di fatto campetti di calcio, per dar vita al progetto. Ma dopo mesi e mesi di trattative, la proposta finale che ci è stata fatta era di partire col campionato a squadre per metà maggio: per noi decisamente tardi ma, soprattutto, si scontrava col periodo del Ramadan, 40 giorni in cui i ragazzi arabi non possono assolutamente giocare. Non nego che per tutti noi è stata una grande delusione. Ma sono uno che non si arrende e il desiderio di dar vita a questo campionato era ormai troppo forte, così sono partito con le mie sole forze in maniera autogestita e autofinanziata, a spese nostre”.
Ed ecco che, dopo aver contattato numerose associazioni attive sul territorio milanese nel campo dell’integrazione, tra cui appunto Alfabeti, parte il torneo attualmente in corso tra le sei squadre che giocano ogni fine settimana. Anche se, purtroppo, l’Unione Alfa, al momento è in fondo al punteggio del tabellone… “Non è importante. Intanto” spiega Gian Marco “la vostra squadra è in assoluto per età la più giovane del torneo. E poi devo dire che trovo i vostri ragazzi molto responsabilizzati, cosa che si evince in pieno dall’impegno e costanza alla partecipazione alla vita della squadra e agli allenamenti. Il mio giudizio finale sul torneo è molto positivo e credo proprio che ripeteremo l’anno prossimo l’iniziativa. E poi il progetto non termina col torneo, perché selezioneremo i due migliori calciatori per ognuna delle sei squadre e a metà maggio giocheremo a Pavia una partita organizzata dalla locale Università. Prima però, invito tutti domenica 7 maggio all’ultima partita del torneo “Hope Ball” che si terrà sul campo di calcio dell’ex Ospedale psichiatrico Paolo Pini che ci ospita in via Assietta 32; naturalmente sarà una grande festa che si chiuderà con la premiazione finale. Vi aspettiamo!”.
Gianni